Rilancio questa commovente lettera di un prof ai suoi studenti in quanto molto probabilmente verrà sospeso a causa della mancata presentazione a scuola del green pass.
La lettera è stata pubblicata da Gloria TV.
Cari ragazzi,
a giugno ci eravamo salutati con un “arrivederci”, invece oggi devo dirvi che forse a settembre a scuola non ci vedremo.
Se le disposizioni attuali non saranno modificate, io sarò sospeso dall’insegnamento perché non avrò presentato il green pass.
Forse,
anche se non vi ho mai nascosto le mie idee riguardo alla gestione
dell’epidemia, può sembrarvi strano o esagerato che non mi voglia munire
del passaporto verde. Se però pensate a quante cose il vostro
professore di italiano e storia vi ha raccontato su tessere di partito
senza le quali non si poteva lavorare, o sui tanti marchi di infamia che
dispotismi di tutti i tempi facevano cucire sugli abiti di chi era
discriminato, o ancora su una ragazzina nascosta in un retro-casa che ha
riempito un suo quaderno con la sua fitta calligrafia, allora potrete
capire la mia scelta.
Sento già levarsi gli scudi di alcuni
di voi: “Ma prof.! Non è la stessa cosa!”. Lo so bene. Non è mai la
stessa cosa. Magari se le cose sbagliate si presentassero nella storia
sempre nello stesso modo: le sapremmo riconoscere e ce ne sapremmo
difendere! Invece spesso il male cerca di ingannarci travestendosi di
colori cangianti.
Il vero bene però, vi svelo un trucco, lo riconoscete subito per la sua semplicità, la sua apparente piccolezza, la sua umiltà.
Eccolo
quando vi ho lasciato respirare liberamente senza la mascherina e voi
avete fatto altrettanto con me. Eccolo quando ci siamo rispettati nei
nostri tempi e nei ostri spazi reciproci, quando io sono entrato con la
DAD nelle vostre case solo dopo aver bussato e chiesto permesso, così
come quando voi avete capito quando ero stanco ed avevo bisogno della
vostra comprensione.
Ora forse non potrò più esserci io a
vegliare su di voi in questo difficile momento storico, ma,
comprendetemi, non avrei più nulla da insegnarvi se diventassi
corresponsabile, seppure passivo, di uno strumento di discriminazione
come il green pass; una discriminazione che non si fonda sulla
religione, l’etnia, il colore della pelle o gli orientamenti sessuali,
bensì sulle scelte e sulle convinzioni individuali.
Farò il
vaccino quando e se sarò convinto che sia la cosa giusta da fare, non
certo per andare al ristorante, ad un concerto o dove che sia. Nemmeno
per conservare il posto di lavoro. Ricordiamoci che “non di solo pane
vivrà l’uomo” (Mt. 4,4) e che ancora sta scritto: “Osservate come
crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico
che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di
loro” (Mt. 6, 28). Il Signore, poi, “non turba mai la gioia de’ suoi
figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande” (I
promessi sposi, cap. VIII). Inoltre, se anche un domani dovessi decidere
di vaccinarmi, oppure se sentissi la necessità di sottopormi ad un
tampone diagnostico, non scaricherei comunque il passaporto verde,
affinché le mie scelte individuali, quali che siano, non diventino
motivo di discriminazione per chi avesse fatto scelte differenti.
Speriamo invece che vi sia un ravvedimento nelle coscienze e che si
abbandoni la china pericolosa che è stata imboccata e che conduce a
tristezze e infamità che credevamo superate. In tal caso ci
abbracceremmo di nuovo, proseguiremmo insieme il nostro cammino, come
svegliandoci da un brutto sogno, e potrei dirvi ancora: “Arrivederci,
ragazzi!”
Il vostro prof. Alessandro La Fortezza
(lettera aperta ai suoi studenti)
Commenti
Posta un commento